Google Page Speed Service: configurazione e prime impressioni

Google ha lanciato da pochi giorni Page Speed Service, un servizio che permette di applicare una serie di ottimizzazioni al proprio sito senza toccare una riga di codice, delegando il tutto a Google. Come funziona in pratica? Google scarica il contenuto del nostro sito Web e applica tutta una serie di ottimizzazioni per velocizzare il rendering delle pagine Web. Quando un client chiede di visualizzare le pagine del nostro sito comunica direttamente con i server di Google che rispondono con delle pagine a cui sono state applicate delle ottimizzazioni tali da renderle molto veloci: compressione dei CSS e degli script JavaScript, ottimizzazione delle immagini etc.

Tutti questi miglioramenti alle nostre pagine sono automatici ma per applicarli al nostro sito è necessario intervenire sui DNS del nostro dominio. I passi da compiere sono solo 4 ma non sono alla portata di tutti dato che bisogna creare nuove voci DNS e modificare quelle esistenti, operazioni non proprio elementari. Vediamo in estrema sintesi gli step da compiere:

  1. Registrarsi a Page Speed Service e aspettare pazientemente di essere invitati a usare il servizio che è ancora in Beta privata (diventerà a pagamento una volta passata la fase di test);
  2. ricevuta la mail di invito occorre fare login nella Google API Console e attivare Page Speed Service;
  3. fornire la URL del dominio che si vuole velocizzare, nel mio caso www.bufferoverflow.it
  4. dimostrare a Google di essere i proprietari del dominio creando un record txt nella configurazione del proprio DNS. Per verificare di averlo creato correttamente si può usare il servizio SuperTool, basterà inserire txt:www.nomedominio.com;
  5. impostare un record DNS denominato “reference domain” dal quale Page Speed Service scaricherà il contenuto del sito da ottimizzare. Basterà creare nel proprio gestore DNS un record A ” ref.nomedominio.com” che punti all’indirizzo IP del proprio dominio;
  6. modificare o creare il record CNAME “www” del proprio dominio e impostare come valore ghs.google.com

google api console pagespeed

Se non avete fatto danni con tutte queste modifiche ai DNS del vostro dominio allora il vostro sito dovrebbe essere impostato correttamente per essere ottimizzato da Google.

Nelle prove che ho effettuato ho potuto riscontrare un innalzamento nel punteggio di Page Speed (sia utilizzando l’estensione che il servizio online) dopo aver impostato Page Speed Service (il mio blog è passato da 87 a 95/100), nonostante nei commenti di Tagliablog si parli di un decremento delle performance. L’unico problema riscontrato fin’ora è con il .htaccess che avevo messo a protezione dell’area amministrativa di WordPress, con Page Speed Service non mi è stato possibile utilizzare l’autenticazione tramite .htaccess e per ora ho dovuto rimuoverlo. Neanche giocherellando con i Rewriter Settings (che vedete qui sotto in figura) sono riuscito a rimuovere il problema tra Page Speed Service e .htaccess.

pagespeed rewriter settings

Analizzando gli header HTTP durante una navigazione su bufferoverflow.it si vede chiaramente come le pagine vengano fornite da una serie di server con indirizzi che variano, come ad esempio “http://1-www-accel-pss.googleusercontent.com/gadgets/proxy” (N.B. attualmente ho eliminato i record DNS di Google e rimesso i record originali del dominio, dunque non sono più visibili le chiamate ai server di Google).

Conclusioni: Con Page Speed Service il sito è decisamente più veloce, almeno stando a quanto mi dicono i test Page Speed, e il fatto che sia Google a servire le pagine è una “certezza”. Detto questo, preferisco di gran lunga ottimizzare a livello applicativo il mio blog, magari ricorrendo a ottimi plugin per il caching di WordPress come W3 Total Cache o Quick Cache (che uso da qualche giorno). Poter mettere mano io stesso ai vari fattori che concorrono a ottimizzare la velocità del mio sito mi rende autonomo e sicuramente più consapevole delle modifiche fatte. Il fatto poi che Page Speed Service diventi a pagamento terminata la fase di test è un motivo in più per relegarlo a un mero test (nonostante sia stato decisamente positivo).

Disabilitare l’immagine di sfondo su Google

Google immagine sfondo

AGGIORNAMENTO: poco dopo aver pubblicato questa serie di consigli, Google ha disabilitato la visualizzazione dell’immagine di sfondo.

Da oggi Google fa comparire in home page una (imho) fastidiosissima immagine di sfondo in stile Bing. Odio visceralmente qualsiasi personalizzazione grafica, tanto più se viene imposta e va a toccare la pagina che uso come home page da anni.

Ecco dunque sintetizzati alcuni metodi per disattivare l’immagine di sfondo di Google (background image) riportati da utenti inferociti dei forum di Mountain View:

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Ubuntu Tweak bannato da Google?

Da ieri mi sono accorto che Google ha inserito nella blacklist dei siti pericolosi ubuntu-tweak.com. Se provate a cercare “ubuntu tweak” i risultati nella SERP riportano accanto al sito ufficiale la seguente frase: “Questo sito potrebbe arrecare danni al tuo computer“.

Se poi si prova ad andare comunque sul sito utilizzando Firefox compare una schermata minacciosa che avverte: “Avviso- se visiti questo sito il tuo computer potrebbe subire danni”. Nella pagina di diagnostica di Google per ubuntu-tweak.com si leggono le motivazioni:

Delle 139 pagine che abbiamo testato sul sito negli ultimi 90 giorni, 2 pagine hanno causato il download e l’installazione di software dannosi senza l’autorizzazione dell’utente. L’ultima volta in cui Google ha visitato questo sito è stato il 2008-10-24, mentre l’ultima volta in cui sono stati rilevati contenuti sospetti su questo sito è stato il 2008-10-24. I software dannosi includono: 3 worm(s), 1 exploit(s). Infezione riuscita causando una media di 7 nuovi processi nel computer di destinazione. Il software dannoso è presente in 2 domini, tra cui fql10.cn, sgl10.cn. 1 domini sembrano operare da intermediari per la distribuzione di malware ai visitatori di questo sito, tra questi itsun.com.

Evidentemente gli annunci adsense che vengono visualizzati sul sito devono essere stati “infettati” comunque il tool risulta pulito. Speriamo Google rimuova presto l’avviso che rischia di allontanare molti utenti da Ubuntu Tweak, uno tra gli strumenti più utili per personalizzare Ubuntu e non solo. In ogni caso scaricandolo da Google Code non ci sono problemi.

Google Chrome: prime impressioni

Sto provando Google Chrome da qualche minuto e l’impressione è buona. La velocità di caricamento delle pagine è notevole, l’interfaccia grafica è minimalista in pieno stile Google, la navigazione in incognito sembra fare il suo dovere. Due cose che mi piacciono in particolare sono le traduzioni scelte: “Roba da smanettoni” (finalmente questa categoria trova il suo riconoscimento) e “Statistiche per nerd“.

Queste ultime sono delle statistiche che permettono di analizzare l’utilizzo di memoria, utile proprio per veri nerd. Da “Roba da smanettoni” invece mi sarei aspettato qualcosa di più: un esempio sono le impostazioni di un proxy che si appoggiano a Internet Explorer.

Per ora il fiore all’occhiello imho sono il Task Manager integrato (richiamabile con la combinazione SHIFT+ESC oppure da tasto destro sulla barra di Chrome) che permette di killare i tab singolarmente e la Navigazione in incognito (una scheda in incognito si apre con CTRL+SHIFT+N). Eventualmente basta cliccare su un link con il tasto destro per aprire una URL in incognito.

Per il resto penso che per me, come per molti smanettoni, Firefox sia diverse spanne avanti. Non c’è paragone in termini di personalizzazione, il browser Mozilla esce a testa alta dal confronto. Anche Internet Explorer 8 e Opera 9 sono molto più completi ma il minimalismo di Chrome e alcune idee azzeccate sono decisamente un buon punto di partenza. Chissà che l’entrata in campo di Google non riesca a infrangere la “monocultura dei browser” di cui parlavo solo ieri.

Primi passi con Google App Engine

Con mia grande sorpresa ho ricevuto venerdì un invito per provare Google App Engine. Non conosco Python quindi dubito di riuscire a realizzare qualcosa di buono, ma nel frattempo ho creato l’ID della mia prima web application (me ne rimangono ancora 2) e sto leggendo attentamente la getting started guide.
Tutto il processo di sviluppo della propria applicazione e l’upload della stessa sono possibili grazie al Software Development Kit messo a disposizione da Google. Nell’SDK è integrato anche un framework chiamato webapp, ma volendo si può usare anche Django, CherryPy e altri popolari framework.

Chissà, magari è la volta buona per imparare qualcosa di Python 😉